Si può vivere felici senza uno scopo?


È
una domanda che mi rendo conto una volta non mi avrebbe lasciato molto su cui pensare perché avrei potuto rispondere seccamente con un “No, impossibile” mentre ora mi apre un sacco di riflessioni perché dal punto di vista di un trentenne ho avuto a che fare con troppe persone che, senza voler giudicare, non sembrano vivere per uno scopo.

Chiarisco meglio facendo riferimento a coloro che non sanno esattamente per quale motivo stanno facendo un certo lavoro, conducono una certa vita o su cosa si aspettino come risultato finale delle loro azioni.

La cosa mi lascia sbigottito perché le volte che mi capita di entrare in alcuni dettagli curiosi del regno animale le persone rimangono inorridite nel sapere quanti insetti conducono vite di poche ore o giorni con il solo scopo di riprodursi perché, sopratutto i maschi, a fecondazione avvenuta muoiono. E negli stessi animali anche le femmine, alla nascita della nidiata, subiscono rapidamente la stessa sorte.

Ecco dunque questi esempi provocano turbamento nelle persone come se gli sembrasse che questi esseri di fatto non vivano non avendo altro scopo se non giungere in poco tempo alla riproduzione: ma cosa c’è di diverso dalla vita di una persona che vive e muore senza aver avuto altro scopo se non lasciare parte del proprio patrimonio genetico nei figli che gli sopravvivono?

Capisco come un discorso all’apparenza filosofico cada in un cinismo disarmante ma non riesco a dipingere in altro modo, dall’esterno, un quadro diverso di innumerevoli vite che nemmeno i pronipoti ricordano; di persone nate, vissute e morte senza all’apparenza desiderare di incidere in qualche modo nella società del proprio tempo ma tanto meno lasciare un qualche tipo di ricordo a chi verrà dopo.

E non mi si fraintenda pensando che io voglia dire che si potrebbe aspirare a vivere compiendo solo tutta una serie di azioni che possa portare a “essere ricordati” perché oltre al fatto che si può essere ricordati per cose bellissime come per atrocità va aggiunto che il ricordo nasce da qualcosa che si compie in maniera straordinaria ma di cui ci si rende spesso conto dopo averla portata proprio a compimento.

Non voglio quindi entrare in merito a chi vive consapevolmente per apparire o lasciare un ricordo di vanagloria ma di chi vive avendo ben chiaro che nel suo tempo può incidere e quindi fa di tutto per arrivare in una posizione in cui possa incidere.

Parlo di chi per un motivo o per l’altro non si accontenta della posizione di attore con un copione scritto nel contesto in cui é immerso ma cerca con tutte le sue forze di far prevalere una realtà diversa ma sommersa che vede traducendo il tutto in atti di volontariato, di amministrazione e perché no di riflessione.

Incontro tante persone con vite piene al di là della semplice vita familiare che si dedicano agli altri pensando di poter dare una mano a chi ne ha bisogno (volontari di tutti i tipi, chi fa assistenza alle persone sole o disabili, etc...), che si dedicano alla collettività con azioni di pulizia e manutenzione (protezione civile, verde pulito, etc...) o anche solo volendo dire la loro per far ragionare le persone su temi importanti di attualità e non (scrittori, pensatori, politici e giornalisti, etc...).

Insomma molte persone non si sentono mai perse proprio perché tendono ad avere nella vita un cammino da seguire che vorrebbero li porti a qualcosa con tutti i rischi che questo vuol dire; inciampare, cadere, rialzarsi, perdersi e ritrovarsi, cambiare strada o crearne una nuova sono tutte azioni naturali per coloro che non si danno per vinti ma assaporano appieno la vera libertà della vita. Coloro che usano appieno il libero arbitrio e ne godono per migliorare e quindi migliorarsi. 

A fianco di questo folto gruppo però adesso ho messo a fuoco un gruppo ahimè ancora più numeroso di anime perse che vivono senza avere minimamente voglia o idea di essere utili per altri o di avere uno scopo da raggiungere. Servi necessari di un sistema economico che ha da secoli bisogno anche di persone (una volta numerosissime e oggi comunque numerose) a cui non importa molto interrogarsi sul loro scopo e che non vedano in lavori vuoti e ripetitivi un consumo della loro vita unica e irripetibile.

Persone che non aspirino ad altro se non alla tranquillità di una vita monotona e ben conformata a quella degli altri con la possibilità di fare una parte delle cose che fanno “tutti” senza interrogarsi se avrà mai fine il ciclo altalenante delle cose perché poi, quando la morte sopraggiungerà, altra speranza é che sia rapida e inutile così da non dover interrogarsi neppure su quella.

Un altro anno sta per volgere alla sua fine e come mi piace pensare "non importa come ci siamo comportati ieri, oggi il sole sorge di nuovo"; vale la pena quindi sempre darsi una nuova occasione, prendere in mano la propria vita e decidere di lasciare un segno che per quanto possa sembrare piccolo diventa grande se fatto con il cuore e con amore. Non trovando il modo più semplice di trascorrere il tempo ma il modo migliore per essere stati utili come prossimo.

Niente è peggio di un "servo inutile" e noi possiamo essere utili in ogni momento. E quando ci rendiamo utili scopriamo che allora più niente e nessuno può scalfirci perché siamo servi di qualcosa di così alto da non passare oggi per domani. Siamo così servi per divenire veri figli di quel Padre in cui ognuno di noi può compiere sé stesso trovando un rifugio ultimo nell'Amore vero ed eterno. Un tutt'uno per sempre.

Buon anno nuovo a ognuno che legge queste parole, con affetto.

Luca Zecca


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